Bob Krieger. Ricordi tra fotografia e arte / Palazzo Reale, Milano

Il pregio dell’antologica di Bob Krieger è quello di raccontare mondi ben precisi, una storia del frammento diviso in ramificazioni: frammento come prigione, frammento come atlante, frammento come celebrazione e frammento come narrazione.

Le influenze classiciste che Krieger sembra attingere dal bisnonno Giuseppe Cammarano[1] emergono nella mostra soprattutto nella prima sala espositiva, denominabile documentario/narrativa: tutte le foto, sia quelle familiari che quelle di moda, svettano dallo sfondo per le posture statuarie dei personaggi.

Bob Krieger, Carlo Bo; fotografia. © Bob Krieger

Troviamo qui un primo elemento concettuale della poetica di Krieger ravvisabile nell’opera Delle gioie e delle pene che raffigura un uomo accucciato nell’intento di proteggersi, forse da un’ipotetica aggressione che percepisce di rischiare da li a breve.
L’opera è divisa tra una parte fotografica, quella che raffigura l’uomo, e una parte di installazione: una griglia infatti divide in sezioni il quadro, come per anticipare il tema che accomuna tutta la mostra: il corpo come frammento.
Nella terza sala il messaggio poetico prende forma: qui le foto prendono vita e non sono più semplicemente celebrative, ma troviamo un tentativo di ricerca dell’anima nei vari momenti raffigurati, ogni contesto e personaggio racconta un’emozione, un frangente di vita.
Sopra ogni opera è degna di nota la gigantografia del rullino fotografico fatto per Giorgio Armani nel 1982, dove la fa da padrona ancora il modello come soggetto, ma con una ricerca di materiale che tende allo sperimentale e al ludico.
Nella sala 4 spicca il quadro Start, primo esempio di body art fotografica.
Il momento artistico più alto si raggiunge nella stanza 7, con il trittico Mondo, Apollonia e Il dubbio.
Qui si passa dal “freddo” al “caldo” inteso come tecnica esecutiva: nel Dubbio infatti griglie di ferro imprigionano un seno, segno quasi di sessualità repressa, che si contrappone a quella manifesta delle foto glamour che costellano la carriera di Krieger, a raccontare come la vera sessualità non sia quella patinata delle riviste ma quella vissuta nel dolore.

Bob Krieger, Indro Montanelli; fotografia. © Bob Krieger

In Apollonia invece il tiepido del nudo è velato con un drappo d’oro: la sessualità è qui un qualcosa di non totalmente svelato.
E arriviamo al caldo di Mondo, dove una vagina pare priva di protezione contro l’aggressione del colore che arriva dal lato sinistro e dalla violenza delle “griglie volanti” che paiono minacciare la sua purezza, mentre la foglia d’oro ci rimanda ai simboli della secessione viennese.
Nella sala 8 continua la fusione di elementi caldo-freddo nei quadri Greed e Golden Herd, e viene qui analizzato un nuovo elemento anatomico, la bocca, raffigurata qui in 5 studi specifici tra cui Affranto, che ricordano Man Ray per la surreale magia del corpo ricreata.
Nella sala 10 è interessante il trittico Maes,Passione e Dna: qui il corpo è raccontato come sofferenza e prigione, resi più pittorici dalla stanza angusta che li contiene.
La sala 11 è invece quella più concettuale: si analizza il corpo come prigione frammentaria, appaiono nei quadri nuovi oggetti simbolici (ciondoli) e troviamo una preponderanza di rosso, con l’uso assiduo della foglia d’oro e delle grate, mentre l’ultima sala, la 13, con le opere Icaro e Tuffo racconta la fusione tra la fotografia (terre), il caldo (foglia d’oro) e il freddo (uso di lamine).

Bob Krieger, Delle gioie e delle pene; tecnica mista, 130x130 cm. © Bob Krieger

La mostra alterna momenti di poesia magici a momenti di mediocre celebrazione commerciale, per scelta saltati a piedi pari nell’esposizione, nonché la pacchiana volontà di rendere manifesti alcuni fallimentari tentativi artistici: dalla pessima riproposizione dell’atlante della memoria fotografica ben lontano da quello di Warburghiana memoria della sala 9, al rendere alcuni frangenti della mostra a volte mausolei commerciali a volte contesti modaioli, al far credere che la fotografia ritrattistica debba solo essere celebrazione del soggetto.
Il pregio della mostra resta quello di raccontare mondi ben precisi, una storia del frammento diviso in ramificazioni: frammento come prigione, frammento come atlante, frammento come celebrazione e frammento come narrazione.

Marco Poggi

mostra visitata il 29 Giugno


[1] Giuseppe Cammarano è autore di alcuni affreschi neoclassici della Reggia di Caserta; conf. Guido Vergani, Dizionario della moda 2010, Dalai Editore.

In homepage: Bob Krieger, “Delle gioie e delle pene”, particolare; tecnica mista, 130×130 cm. © Bob Krieger

:: ::

Date:  10 Giugno – 11 Settembre 2011

network


Artkernel Group on Facebook Artkernel Group on Twitter Artkernel Group on Last.fm Artkernel Group on Flickr