John Stezaker e il controsenso dell’immagine dominante

Per chi non avesse avuto ancora l’opportunità di ammirare le opere di John Stezaker, il primo impatto potrebbe forse risultare sconcertante e semplicistico, mentre geniale è invece il concetto di fondo che le ha generate e che tuttora e a pieno diritto le mantiene in auge, nella più alta considerazione delle collezioni e del mercato [...]

Per chi non avesse avuto ancora l’opportunità di ammirare le opere di John Stezaker, il primo impatto potrebbe forse risultare sconcertante e semplicistico, mentre geniale è invece il concetto di fondo che le ha generate e che tuttora e a pieno diritto le mantiene in auge, nella più alta considerazione delle collezioni e del mercato dell’arte mondiale, anche grazie all’accostamento con gli Young British Artists.Questa celata conflittualità tra i due estremi del processo creativo: la genialità dell’idea di partenza e l’apparente semplicità dell’opera finita, è in realtà l’unica via concessa allo spettatore delle opere di John Stezaker per tentare di affrontare una sua lettura, per tentare di scoprire l’indiscutibile fascino di queste immagini disturbanti.Stezaker_Saatchi1
Sviluppatasi negli ultimi quarant’anni, l’opera di Stezaker ha ovviamente beneficiato della fotografia e del suo impiego attraverso il collage, seguendo quel percorso tortuoso e spesso interrotto che da Tristan Tzara passa per le ri-scoperte in psicologia delle teorie sulla percezione visiva della Gestalt e dello Strutturalismo, fino agli esperimenti di Brion Gysin e di William Burroughs con la tecnica (anche fotografica) del cut-up, in un incameramento e in una saturazione costante di concetti e linguaggi fin dal principio subordinati alla sua personalissima ricerca estetica. Le opere create da John Stezaker utilizzando vecchie fotografie in bianco e nero di star hollywoodiane e fotografie a colori più attuali di paesaggi, scorci architettonici, icone religiose e immagini della pubblicità, funzionano come un vero e proprio innesto botanico, frutto di due immagini completamente diverse, in un forzato trapianto di un’immagine sull’altra, senza però che questo intervento arrivi mai ad una sua sintesi, ad una fusione delle due distinte forme in una nuova, drastica disarmonia estetica.
Prima di tutto Stezaker ci impone, con le sue combinazioni, coi suoi innesti, di indagare questa nuova figura, di cercare in essa tutte quelle corrispondenze di linee e di forme che seducono la nostra mente in un fallimentare gioco, prima di estrazione e poi di ricostruzione dell’immagine dominante, senza però consentirci mai di venirne a capo in maniera chiara e definitiva, rimandando continuamente il processo di identificazione a causa della sua  ridondante ambiguità.
Stezaker_Saatchi2Di fronte a questi improbabili soggetti, a questi inediti ritratti, si è travolti dalla necessità psicologica di ripercorrerne i tratti, le fantomatiche linee guida, di seguirne i contorni alla disperata ricerca di una ricostruzione possibile, di una nuova identità il cui fallimento aprioristico risiede appunto in questa assenza di connotati continui data dalla sovrapposizione o dalla sezione che va a discapito di un’immagine come dell’altra. Il tutto si gioca in una sottile linea di confine che è il bordo della figura sovrapposta, una linea invisibile, praticamente inesistente per l’occhio, se non fosse invece l’ “attimo” esatto in cui avviene questa mancata sintesi, in cui confluiscono e si scaricano nei loro rispettivi e assenti margini le occasioni di continuità, ma soprattutto di discontinuità della forma. E’ proprio in questo tentativo di incontro sommerso e invisibile delle due parti che sprofonda inesorabilmente la nostra in-capacità percettiva, spinta da quel processo inconscio di ricerca e sintesi in maniera forzata e automatica, che ad un certo punto abbandona e riemerge improvvisamente senza aver afferrato il suo oggetto-soggetto.
La frustrante sensazione dell’inafferrabilità nei confronti dell’immagine dominante, intesa allora come significante, azzera e ripristina ogni volta in maniera automatica il processo di lettura delle opere di John Stezaker in un circolo vizioso che non trova alcuna via d’uscita nell’ingenua formula: interpretazione = comprensibilità, riducendo all’inutilità lo sforzo continuamente fatto per carpirne la chiave di lettura. Una frustrante dimensione di impotente cecità in cui la soluzione non è mai data dall’immaginazione, perché questa viene svilita a priori in una arbitrarietà priva di appigli col soggetto, che fino all’ultima analisi conserva imperturbato il suo totale mistero.
La figura dominante è dunque in queste opere il mancato prodotto, perfetto e difettoso allo stesso tempo, di sovrapposizioni apparentemente casuali di immagini diverse in tutto e per tutto, qui fattesi sovra-impressioni, il cui “principio attivo” ci è del tutto ignoto, ma il cui effetto collaterale principale è quello di imporci comunque sia una disturbante anomalia estetica e anatomica, e di costringerci in seconda istanza ad uno sforzo percettivo per arrivare a considerarla una nuova immagine, una nuova sembianza che nulla ha a che vedere con la metamorfosi o con il concetto comune di mostruosità.
stezakerLa ricerca di Stezaker non ruota attorno alla elaborazione di un nuovo concetto di mostruosità o di deformità; la scoperta di fatto che invece risulta evidente nelle sue opere, soprattutto nei cicli: Mask, Marriage e Shadow, è che la mostruosità esiste in potenza su ciascun volto, che l’accostamento, anche simmetrico, di due volti diversi genera automaticamente una figura nuova dai tratti mostruosi perché irriconoscibili e psicologicamente inaccettabili.
Non ci troviamo di fronte ad una mostruosità naturale causata dalla deformità, né di fronte ad una mostruosità di pura fantasia, né alla combinazione in chiave estetica di entrambe, ma di fronte ad una sommersa mostruosità parallela, appartenente cioè a entrambe le figure della composizione, perché già in potenza in ciascuna di esse, ma mai fusa, sintetizzata se fosse anche dallo spettatore più intraprendente, in un unico, riconoscibile “mostro”, perché proiettate entrambe all’infinito nella loro normale figurazione, sovrapposte ma ben distinte l’una dall’altra.
La necessità dunque di una seconda lettura in chiave interpretativa e allegorica delle opere di John Stezaker è alla fine l’unico approdo certo in questo complicato gioco di controsensi estetici e psicologici, il cui scopo: svelare o confondere, ci è dato solo e soltanto dalla nostra volontà interpretativa e non da interventi espliciti in chiave di lettura da parte dell’artista che, eclissato ogni più ottimistico tentativo di impadronirsi di una formula di partenza con la quale sopraffare questo sprofondante controsenso, costringe la nostra capacità di astrazione a perdurare nei confronti di un’immagine che per noi si è fatta ormai pura ragione.

Nicola Busato

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  1. [...] riguarda la dimensione concettuale della sua opera e le correnti d’influenza, vi lascio questo link da cliccare. In ogni caso penso che valga davvero la pena dare un occhio alle composizioni che mi [...]

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