Jonathan Harvey – 30 anni di Mortuos plango, vivos voco

Lo spettralismo è uno degli aspetti più interessanti e distintivi della produzione di Jonathan Harvey. In un suo recente saggio In Quest of Spirit, egli afferma che se la musica elettronica ha rappresentato la più importante svolta tecnica nella musica del Ventesimo secolo, lo spettralismo ha rappresentato viceversa una svolta più dal significato spirituale che [...]

Lo spettralismo è uno degli aspetti più interessanti e distintivi della produzione di Jonathan Harvey. In un suo recente saggio In Quest of Spirit, egli afferma che se la musica elettronica ha rappresentato la più importante svolta tecnica nella musica del Ventesimo secolo, lo spettralismo ha rappresentato viceversa una svolta più dal significato spirituale che tecnico. In particolare Harvey evidenzia come lo spettralismo abbia consentito un rapporto diretto con la natura fisica del suono tale da ampliare la percezione diretta del tempo e dello spazio musicale in cui il suono stesso si genera.

In Mortuos plango, vivos voco, composizione per tape, prodotta presso l’IRCAM nel 1980, è possibile cogliere tutta la portata di questo interesse per l’approccio compositivo spettralistico; approccio riconoscibile non solo nella produzione per tape e live electronics di Harvey, ma anche nella sua produzione per strumenti esclusivamente acustici coma ed esempio Advaya o il Quartetto per archi n.3.

Se lo spettralismo viene solitamente accostato ai nomi di Gérard Grisey e di Tristan Murail, Harvey si colloca su un piano molto vicino ad essi, differenziandosi, viceversa, dagli altri compositori inglesi della sua generazione, ad es. Denis Smalley per il quale il computer rappresenta più uno strumento per la ricerca di nuove sonorità sintetiche che uno strumento per l’analisi e l’ibridazione spettrale elettroacustica.

Un’aspetto fondamentale dell’approccio spettralistico di Harvey, chiaramente presente in Mortuos plango, vivos voco (da ora semplicemente M.), consiste nel tentativo di esplorare non solo perifericamente i punti di contatto tra il suono manipolato elettronicamente e quello acustico ma di rivolgere la propria attenzione, nell’uso dei processi impiegati, alla specifica individualità sia formale che espressiva dell’opera. Deve potersi determinare una fondamentale compenetrazione tra la dimensione verticale della struttura armonica osservata, e la dimensione orizzontale di una forma unitaria, significativa e strettamente connessa alla specificità del materiale impiegato. La struttura formale si sviluppa coniugando un piano sonologico con un piano formale che in Harvey assume le connotazioni di una pathosformel, in termini warburghiani, che scaturisce dalla ricerca di un particolare clima espressivo ed evocativo.

L’aspetto di complementarietà tra armonia, trattamento melodico e forma può essere assunto come chiave di lettura nell’analisi di M. anche a motivo del fatto che nella produzione successiva di Harvey, tale complementarietà viene ulteriormente sviluppata; si pensi ad es. a a Ritual Melodies del 1990, composto anch’esso presso l’IRCAM, in cui l’innesto tra melodie prodotte da strumenti etnici sintetizzati elettronicamente determina e controlla gli stessi processi di miscelazione timbrica.

Anche da un punto di vista strettamente sonologico si pone una constatazione analoga nella connessione tra l’analisi spettrale e la struttura formale. Infatti la riconoscibilità o verosimiglianza di una voce o di uno strumento risintetizzata non dipende esclusivamente dallo spettro del suono impiegato e dai fattori microtemporali che ne definiscono i tratti sonologici ma soprattutto dalla ‘gestualità’ e dalla agogica con cui gli aspetti spettrali vengono contestualizzati. In questa direzione di riconoscibilità timbrica, risultano, ad esempio, più importanti le variazioni di ampiezza estraibili dagli inviluppi temporali del suono. I processi di risintesi da analisi consentono l’alterazione indipendente della velocità, dell’altezza, dell’ampiezza, e delle strutture di risonanza della voce, o degli altri strumenti analizzati, tuttavia richiedono, per mantenere un livello di riconoscibilità, una articolazione temporale che automaticamente suggerisce, o impone, scelte di carattere formale e strutturale.

Questo rapporto di interdipendenza tra forma e contenuto spettrale è costituito in M. principalmente dall’adattamento reciproco e continuo dei processi di trasformazione spettrale a cui vengono sottoposte le strutture timbriche fondamentali del pezzo, ossia 33 parziali selezionate dal suono della campana e una voce di bambino. I processi di stiramento e di trasposizione melodica, ottenuti con phase-vocoder, si attuano dunque entro termini formali condizionati dall’esigenza di mantenere riconoscibile il confine tra i suoni reali, o acustici, e quelli simulati e trattati elettronicamente.

Gli elementi sonori fondamentali della composizione sono tratti dal paesaggio sonoro della cattedrale di Winchester, e sono costituiti da campioni tratti dalla registrazione della campana e da campioni tratti dalla registrazione di una voce bianca del coro che intona la frase HORAS AVOLANTES NUMERO, MORTUOS PLANGO, VIVOS AD PRECES VOCO, incisa sulla stessa campana campionata. Harvey muove dalla considerazione della natura extra umana della campana per utilizzarla evocativamente come punto di contrapposizione con una dimensione assolutamente umana conferita alla composizione dalla voce del bambino. In questa contrapposizione la voce rappresenta i vivi e la campana i morti. L’intera composizione si basa su questo gioco di contrasti e di trasformazione elettronica delle parti.

I processi spettrali implementati consistono fondamentalmente nella ibridazione dei suoni concreti campionati con quelli sintetizzati elettronicamente. Il passaggio avviene con processi di time-stretching e di cross-sinthesys, mediante l’inversione degli inviluppi e mediante glissandi melodici di congiunzione tra gli intervalli delle parziali di sezioni differenti. Analogamente a quanto avviene, successivamente, in Ofanim di Berio, anche in M. vengono sfruttati i glissandi di portamento tipici della voce per realizzare le transizioni da una nota all’altra e da una selezione di parziali ad un’altra.

La segmentazione qui proposta (fig.1) è realizzata in funzione della posizioni fondamentali dei suoni concreti di campana rispetto allo svolgimento degli spettri in essi contenuti.

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Fig.1 Forma d’onda della composizione con la divisione in sezioni proposta.

Nella prima sezione (0:00 – 1:40) i suoni concreti delle campane vengono introdotti con un tempo relativamente mosso; dopo pochi secondi, innestandosi con la voce, subiscono un rapido rallentamento fino a generare un movimento lento e regolare. Dopo il primo minuto e mezzo, con una soluzione di continuità netta, viene presentato il primo processo spettrale basato sullo stiramento delle parziali delle campane. La voce emerge qui chiaramente con linee di ritardo progressivamente indipendenti e in accumulazione fino a trasformarsi in un coro virtuale. A chiusura della sezione si presenta un altro elemento fondamentale: il particolare uso delle consonanti. Esse per la loro naturale mancanza di risonanza, e per la loro posizione isolata, riescono ad evidenziare fin da ora una tra caratteristiche strutturali dell’opera, ovvero l’organizzazione dei suoni nello spazio mediante contrapposizione di diverse dimensioni: acustico / elettroacustico, interno / esterno, orizzontale / verticale, statico / dinamico, lontano /vicino.

La seconda sezione (1:40 – 2:15) presenta una struttura più lineare formata essenzialmente da due elementi: 1) un pedale dato dallo stiramento delle parziali della campana; 2) la ripresa, ritmicamente articolata, dell’elemento di rumore rappresentato dalle consonanti. Nella parte conclusiva della sezione si percepisce il primo evidente glissando di portamento per la transizione spettrale delle parziali. Da un punto di vista spettrale è importante notare come nella parte conclusiva della sezione viene introdotta la convoluzione tra lo spettro della campana e quello della voce.

La terza e la quarta sezione (2:15 – 3:04) presentano un’intonazione comune per buona parte della loro durata: lo spettro continua ad essere la risultante della convoluzione tra la campana e la voce.

La quinta sezione (3:04 – 3:31) completa la prima metà dell’opera e può intendersi come una forma di separazione spettrale delle componenti che erano state prima convolute.

La sesta sezione (3:31 – 4:09), posta esattamente al centro del pezzo, ne rappresenta la parte più statica e maggiormente consonante. Collocata su un registro medio alto si basa sulla stretta somiglianza formantica tra la voce e il timbro di campana trasposto all’acuto.

La settima sezione (4:09 – 4:59) rappresenta il primo tratto di alterazione dello spettro armonico raggiunto nella sezione sesta, in direzione del climax che conclude il pezzo, costituito dall’intera ultima sezione. Formalmente si notano due lunghi glissandi, il primo discendente e il secondo ascendente, che attraverso un movimento di transizione lento ma continuo riescono a generare una sensazione di instabilità e quindi di tensione. Altrettanto importante da un punto di vista espressivo è il trattamento corale centrale della parte vocale e l’emersione di porzioni comprensibili del testo cantato.

La sezione ottava (4:59 – 5:34), inizialmente caratterizzata da un impasto timbrico ibrido, nella sua parte conclusiva presenta una emersione completa della componente vocale e un episodio di velocizzazione ritmica, simile a quelli già ascoltati per le consonanti, ma stavolta realizzato esclusivamente con elementi fonematici.

La sezione nona (5:34 – 6:29) , basata su spettri di convoluzione, si caratterizza per un movimento di pulsazione a cui la componente vocale leggermente distorta verso il grave conferisce per la prima volta un senso di innaturalezza.  La caratteristica fondamentale di questa sezione è rappresentata dall’uso di uno spettro filtrato, con una banda ristretta, che conferisce alla pulsazione della sezione un senso di occlusione spaziale e di trattenimento riutico.

L’ultima sezione (6:29 – 9:00), caratterizzata nuovamente da un’apertura spettrale regolare, conclude la composizione con tre elementi formali fondamentali: 1) il proseguo della pulsazione della sezione precedente; 2) il suono della campana non più convoluta e addolcita dalla voce ma concreta, nel suo significato evocativo di inesorabilità; 3) gli elementi vocali che simulano il pianto attraverso frasi corte, inarmoniche e progressivamente sempre più sopraffatte e assorbite dalla campana.

Renato Messina

Un’installazione dei Visual Kitchen. In programma dal 3 al 6 giugno all’Holland Festival 2010 (http://www.hollandfestival.nl/page.ocl?pageid=43).

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